a caccia col nonno - Auronzo caccia

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racconti
a caccia con mio nonno Biagio...
I sogni generalmente sono fantasie dei bambini, li abbiamo fatti tutti, ma io ne ho uno ora, più che un sogno, è un pensiero che rivivo spesso, un desiderio che avrei voluto potesse accadere. Se in un altro mondo mi fosse possibile esprimere un desiderio che veramente potessi realizzare sarebbe andare a caccia con mio nonno paterno Biagio. Biase come veniva chiamato da tutti, classe 1881 morì quando io avevo poco più di tre anni, lo chiamavano Borsa perché quando tornò dopo alcuni anni passati in America con i fratelli a lavorare, portò con se una piccola borsa di cuoio che teneva appesa alla cinta dei pantaloni con il tabacco per fare le sigarette. Di lui so tutto solo per aver sentito raccontare da mio padre, ultimo dei suoi quattro figli, ma anche da molte persone che hanno potuto conoscerlo ed apprezzarlo. Gran lavoratore, ha fatto la prima guerra mondiale, (mio padre la seconda nella Julia, con ritirata a piedi dalla Russia) la vita che ha condotto non era certamente facile paragonata ad ora, ma sicuramente più tranquilla e sana, senza fretta si facevano tutte le cose che servivano per vivere a seconda delle stagioni. Come quasi tutte le famiglie del luogo a cavallo tra l'800 e l'inizio 900 l'attività era di allevamento del bestiame, e la famiglia di mio nonno ne aveva molto, mucche, maiali e cavalli, perché con quest'ultimi aveva anche il compito di aprire la strada d'inverno, trainava i carri da Stabiziane (1) in paese con il fieno, con i tronchi per la legna, ed era l'unico mezzo che ha avuto per tutta la vita, un inverno a Misurina, con la slitta accompagnò anche la regina madre d'Inghilterra. Era soprattutto un cacciatore, passione raccolta in famiglia da mio padre e suo fratello maggiore Mario, e poi da me. All'epoca chi praticava la caccia non erano in molti, tanto che si ricorda che qualcuno barattò una doppietta con un bosco per poter cacciare e sostenere concretamente la numerosa famiglia. Probabilmente non rispettava nemmeno i periodi stabiliti, tanto che ho sentito raccontare che quando all'alba usciva per falciare i prati o quando era a far legna si portava la doppietta appresso. A Valscura c'era il Colendel de chi del Monego (2) località in quota dove la famiglia trascorreva un paio di mesi durante l'estate per il foraggio, la legna e cacciare. Là c'era un grosso fienile e si dormiva sulla paglia. Ebbene tornado al sogno a volte vorrei essere con mio nonno nella sua epoca, magari al posto di mio padre da ragazzo, usciamo in bicicletta con zaino e fucile di buon mattino e poi lasciata la strada bianca si sale in posti che lui conosce bene, portando anche tell (3) quando la selvaggina trovava di che sfamarsi nei grandi prati. Ma l'altra parte del sogno sono io che vado a caccia con lui, ora che potrebbe salire in pochi minuti a Valscura in con il fuoristrada, vedere i fucili moderni di oggi, avere un abbigliamento migliore e magari usare il telefonino, e vedere come suo figlio, mio padre, ha realizzato la baita a Stabiziane che lui sempre sognava di fare, e seduti davanti al fuoco, fargli vedere sul computer il sito della riserva che ho creato con la sua foto sulla prima pagina. Sarebbe meraviglioso, e mi piace continuare a vivere questo sogno, io che caccio col nonno Biase.

1) Stabiziane; a 15 km. da Auronzo la famiglia possedeva un gran fienile e molti fondi, trascorrevano ogni anno un lungo periodo.
2) Colendel; Colonnello in Italiano era un gran appezzamento che il Comune dava alle famiglie, in questo caso, a Valscura alla mia, a tutti i Vecellio Del Monego, per usufruire del legname e dei pascoli, chiamato perciò, Colendel de chi del Monego.
3) Tell; era il nome più usato da mio nonno per i suoi cani da caccia, anche i miei li ho chiamati così.

 
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